In questo blog, la nipote Stefania Cavallo, giornalista e scrittrice, attraverso i suoi ricordi porta alla luce, con affetto partecipe di nipote, la figura umana ed artistica del nonno.

http://stefaniacavallo.wordpress.com/

Stefania Cavallo, giornalista e scrittrice

Il ricordo di mio nonno

 

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Il ricordo di mio nonno

Tempo fa di mio nonno ho scoperto questo in rete e dice così :

Mino Cavallo (Francavilla Fontana 1898 – Napoli 1986)

Si trasferì giovanissimo in Sudamerica e, rientrato in Italia, iniziò lo studio del canto. Inizialmente fu indirizzato allo studio come tenore ma successivamente passò alla chiave di Fa. Debuttò nel 1930 al Bellini di Napoli come Tonio nei Pagliacci. Ebbe modo di cantare a fianco dei migliori colleghi dell’epoca e si esibì alla Carnegie Hall di New York, al Covent Garden di Londra, in molti teatri spagnoli dove fu sempre interprete acclamatissimo, al Teatro del Casinò di Montecarlo dove cantò ininterrottamente dal 1940 al 1945. Rimase in carriera fino al 1960. Dotato di timbro pastoso e brunito e, grazie agli studi giovanili da tenore, di acuti smaglianti, (si dice raggiungesse con facilità il Sib e sulle cronache d’epoca si legge che trissava abitualmente la “vendetta” nel Rigoletto) fu artista apprezzatissimo.

(Fonti : http://www.lavoceantica.it/Baritono/Cavallo%20Mino.htm ; http://baritonominocavallo.jimdo.com/ )

 

In effetti è da diverso tempo che desidero scrivere sulle personali radici legate a questa figura importante della nostra famiglia e forse ora è giunto il momento di mettermi al lavoro .

Certo che la forma narrativa alla quale penso è un po’ quella di ripercorrere la vita di mio nonno in maniera un po’ originale e cioè attraverso “libere conversazioni” intercorse con sua figlia Ada , mia madre .

Ada è la figlia che forse ha assimilato , di più delle altre figlie , la stessa sensibilità musicale e artistica del padre –alias mio nonno, sicuramente colei che può aiutarmi in questa impresa piuttosto particolare nel cercare di restituire un ricordo di quest’uomo che ha rappresentato qualcosa di molto significativo nelle nostre vite e per il bel canto italiano nel mondo .

Un patrimonio familiare , non solo, che non si poteva non svelare anche se solo parzialmente .

Quando sono nata mio nonno aveva 63 anni e nel 1962 si sarebbe esibito con la sua ultima apparizione in teatro (il Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere) e con Rigoletto , proprio il suo “cavallo di battaglia” , così come indica la sua cronologia artistica .

Mi ricordo che quando ero piccola e arrivava il Natale si partiva sempre per Napoli dove abitavano i nonni materni , quindi nonno Mino , e si stava a casa loro in via Ponti Rossi , una casa situata in zona Capodimonte , in direzione Capodichino e aeroporto . Dell’abitazione di nonno Mino mi ricordo la solarità e quanto fosse piccola ma accogliente e soprattutto ricordo il suo studio molto bello e subito si percepiva l’odore del tabacco che mio nonno teneva nella tabacchiera e ogni tanto portava al naso con una certa nobile ritualità .

Il suo studio era tappezzato di quadri e di statue un po’ realizzati da lui e un po’ regalati nel tempo per le occasioni più importanti e per i suoi successi e poi lo si trovava spesso al pianoforte a suonare e suonava una messa liturgica da lui composta , come autodidatta, e regalata al Papa di allora .

Di lui mi ricordo una grande dolcezza , forse perché già anziano , e il fatto che quando non suonava amava parlare di spiritualità e del libro che spesso leggeva ripetutamente e riguardava i pensieri di Confucio , del pensiero scintoista e simili.

Certo io lo vedevo seduto in poltrona con la sua tabacchiera forse come tanti altri nonni e all’epoca non ho approfittato di chiedergli della sua vita , della sua arte portata in giro nel mondo e di questo un po’ mi dispiaccio . Lo percepivo come un nonno normale così come normale era sentirgli accompagnare mio padre , tenore, in qualche romanza preferita e del loro divertirsi sul repertorio musicale .

C’era anche nonna Alfonsina , una nonna che ho amato molto . Una donna che ha vissuto un po’ all’ombra del grande artista e che ha cresciuto i suoi 4 figli spesso sola perché il nonno era in tournée in Italia o all’estero.

Inoltre , come i grandi artisti lirici dell’epoca, mio nonno viveva quasi come in una campana di vetro e soprattutto mia nonna lo proteggeva da tutto ciò che potesse dargli preoccupazione o emozioni dolorose forti e negative perché tutto ciò poteva avere ricadute devastanti sulla sua performance vocale .

Mia madre Ada mi disse che quando suo fratello Amerigo morì , di endocardite acuta, insomma una grave malattia , all’età di circa 14 anni , fu proprio Amerigo a non volere far sapere a mio nonno Mino che stava per morire, perché stava cantando al Teatro Piccinni di Bari e Amerigo non voleva che si interrompesse l’opera. In realtà mio nonno sapeva che suo figlio Amerigo stava male e approfittava di ogni fine-d’atto per telefonare a casa e chiedere come stava . Finita la recita di Rigoletto mio nonno partì da Bari per Napoli e arrivò in ospedale quando purtroppo il figlio era già spirato , alle cinque del mattino.

La particolarità di questa drammatica circostanza , raccontata da sua figlia Ada , fu proprio che mentre Mino perdeva nella realtà il figlio Amerigo , lui stava cantando l’ ultimo atto di Rigoletto , atto in cui Gilda la figlia di Rigoletto muore , come da copione, e questa sua interpretazione fu applauditissima forse, per triste ironia della sorte, anche per il suo coinvolgimento realistico sul piano interpretativo ed emotivo . Certo questo momento così drammatico lascerà una traccia indelebile nella vita dei miei nonni . Infatti mio nonno per ben due anni non volle più cantare il Rigoletto e lo dovettero convincere gli amici per riprendere quest’opera , così come non volle mai più lasciare quella casetta ai Ponti Rossi dove era nato il figlio Amerigo e dove lo legavano i ricordi del figlio e rinunciò all’epoca a trasferirsi a Roma in una casa più grande e bella proprio per questo motivo, rinunciando anche alla caparra già versata . Inoltre Ada mi racconta che il fratello Amerigo era entrato a far parte di una congregazione di padri francescani per diventare anche lui un frate e all’epoca era un frate “novello”, se si può dire così . Mio nonno che era un mistico , conosceva il Padre priore di questi frati , perché ogni tanto quando era libero da impegni di lavoro , nella pausa tra un contratto e un altro , soleva ritirarsi in questo convento e faceva esercizi di meditazione; Ada non ricorda il nome del convento.

Mia nonna Alfonsina è stata una maestra di scuola elementare e figlia di insegnanti, e Ada mi dice che aveva frequentato la stessa scuola di Matilde Serao e però da piccola non sapevo nulla di questa grande scrittrice e donna emancipata per l’epoca , certo è che la classe di mia nonna doveva essere stata proprio una classe speciale e anche lei è stata una donna speciale per me .

Era molto attenta a noi nipoti piccoli e ci preparava sempre i dolci buoni e ci diceva sempre delle cose gentili ; ricordo la sua mitezza e poi da grande ho capito tante cose e perché nonna Alfonsina abbia amato tanto il suo Mino e la sua famiglia anche se l’impresa sia stata molto ardua e come molte donne di allora curassero la famiglia e la tenessero ben salda . Dico questo perché il nonno era molto bello e intorno a sé aveva spesso bellissime donne e colleghe e non solo ma il nonno insegnava canto a tante persone e a donne giovani e credo non fosse difficile per queste innamorarsi dell’artista così come per l’artista rinunciare al ruolo di pigmalione .

 

L’intervista alla figlia Ada

Foto con nonno Mino e nonna Alfonsina

A questo punto inizio la serie delle mie domande e la mia prima intervista seria ad Ada con questa domanda :

“Che ricordo hai di tuo padre come figlia ?”

 

“Era molto affettuoso e mi seguiva molto , perché anche io avevo iniziato a cantare e a studiare canto proprio con lui , ero un soprano . Anche quando mio padre stava fuori Napoli, appena terminava il contratto tornava subito a casa per stare con la sua famiglia e i figli . Quando è stato in Medio – Oriente è stato tre anni senza mai tornare a casa . Ero appena nata nel ‘31 quando mio padre andò in Giappone e realizzò un bel disco che parlava proprio di me e vi rimase sino al ’34 “ .

A questo punto con Ada intraprendiamo un po’ delle libere conversazioni sul padre . Mino era riconosciuto anche come un buon maestro di canto e aveva molti allievi e spesso non si faceva nemmeno pagare , talmente era generoso e umano .

Non solo, ma se uno dei suoi allievi o amici era in difficoltà finanziaria li aiutava; in realtà il nonno non aveva un approccio che lo legasse al denaro in maniera materialistica e venale anzi , quello che anche io so come nipote è che questa sua enorme generosità non lo fece certo morire da ricco , anche se avrebbe potuto sicuramente succedere; infatti rimase sino alla fine dei suoi anni in quella casetta ai Ponti Rossi , sia per suo figlio Amerigo , ma anche per quella sua semplicità d’animo che lo caratterizzò nella vita.

L’intervista alla figlia Ada

 

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La figlia Ada (soprano) e Mino durante un loro concerto

 

A questo punto inizio la serie delle mie domande e la mia prima intervista seria ad Ada con questa domanda :

“Che ricordo hai di tuo padre come figlia ?”

“Era molto affettuoso e mi seguiva molto , perché anche io avevo iniziato a cantare e a studiare canto proprio con lui , ero un soprano . Anche quando mio padre stava fuori Napoli, appena terminava il contratto tornava subito a casa per stare con la sua famiglia e i figli . Quando è stato in Medio – Oriente è stato tre anni senza mai tornare a casa . Ero appena nata nel ‘31 quando mio padre andò in Giappone e realizzò un bel disco che parlava proprio di me e vi rimase sino al ’34 “ .

 

A questo punto con Ada intraprendiamo un po’ delle libere conversazioni sul padre . Mino era riconosciuto anche come un buon maestro di canto e aveva molti allievi e spesso non si faceva nemmeno pagare , talmente era generoso e umano .

Non solo, ma se uno dei suoi allievi o amici era in difficoltà finanziaria li aiutava; in realtà il nonno non aveva un approccio che lo legasse al denaro in maniera materialistica e venale anzi , quello che anche io so come nipote è che questa sua enorme generosità non lo fece certo morire da ricco , anche se avrebbe potuto sicuramente succedere; infatti rimase sino alla fine dei suoi anni in quella casetta ai Ponti Rossi , sia per suo figlio Amerigo , ma anche per quella sua semplicità d’animo che lo caratterizzò nella vita.

 

“ Quale era il suo approccio al successo ? Come lo viveva , dal suo punto di vista? ”

Ada risponde così : “ Lo viveva in maniera molto normale , però quando cantava non voleva vedere nessuno della famiglia perché si emozionava . Infatti io andavo di nascosto a seguire le prove in teatro , lui non mi vedeva , avvisavo tutti gli addetti portinai di non dire a papà che io ero lì. Mi ricordo , ad esempio,quando è stato scritturato per cinque anni al Piccinni di Bari e io lo seguivo sempre di nascosto “.

“La sua carriera è sempre stata in salita ? E quali erano i colleghi baritoni con cui era artisticamente in competizione all’epoca? “

Ada : “Sì è sempre stata in salita e all’epoca non c’erano molti baritoni , ricordo Tagliabue , cantò un po’ prima di lui , dopo è arrivato Gino Bechi , ma il suo stile soprattutto ricordava il baritono Titta Ruffo , un grande baritono che ha cantato prima di lui” .

“Dove preferiva andare quando lo chiamavano all’Estero ?Dove sentiva di essere più apprezzato ”

Ada: “ In America, che non amava, quando fece un giro di concerti nel ’48 , per tanti mesi, lo sentì un grande impresario del Metropolitan che lo invitò e lo voleva scritturare , fu trasmessa un’intervista in radio , nell’ambito di una trasmissione che si chiamava Buongiorno Italia , disse che lì era una “bolgia infernale “ e non vedeva l’ora di tornare a casa in Italia ; di fatto rifiutò quel contratto americano .

In realtà lui tornava volentieri in Italia e anche in Francia e a Montecarlo , che era la sua seconda casa e per sette anni aprì la stagione operistica all’Opera di Montecarlo , da gennaio a marzo , come baritono fisso e grazie ad un impresario , il direttore artistico di allora , un principe russo, che amava molto la voce di papà . Un anno fu invitato , durante il giubileo del principe Ranieri , nel mese di giugno, come ospite d’onore alla reggia.”

 

“Cosa pensava dei suoi colleghi ? Partecipava alla vita mondana dell’epoca ?”

Ada : “Faceva una vita molto ritirata a parte il lavoro in teatro e alle rappresentazioni operistiche seguivano le varie recensioni , ma tutto in maniera molto normale . All’epoca ricordo che il grande tenore Del Monaco , con cui ha cantato, gli chiese consigli per la voce perché non raggiungeva gli acuti ed era agli inizi della sua carriera, mio papà gli disse di alleggerire i centri perché aveva la voce molto potente .

Ha cantato con Merli il quale voleva solo il baritono Cavallo come Iago in quanto lo faceva sentire Otello per la sua bravura . Il tenore Lauri Volpi invece era geloso, nel Trovatore dove faceva più successo mio padre di lui . Ricordo a Barcellona al teatro Museum con i manifesti in cui c’era a caratteri cubitali il nome del tenore Lauri Volpi e in piccolo quello di mio padre il quale non faceva caso a questi aspetti , però il giorno dopo l’opera i principali giornali spagnoli parlavano del grande successo del baritono Mino Cavallo . Infatti , per questo motivo , da allora Lauri Volpi , che fu un grande Trovatore, non volle più cantare con mio padre . Mio padre cantò con Beniamino Gigli , suo amico, i soprani come la Toti Dal Monte, la Simionato e Lilly Pons , un grande soprano leggero francese “.

“ Mi sembra di cogliere che lui non fu mai geloso di qualche suo collega , me lo confermi ?”

Ada : “ Sì certo non fu mai geloso dei suoi colleghi, anzi spesso era felice dei loro successi, quanto il suo . Fu molto amato dalle persone comuni che lo ricordarono andando in molti al suo funerale “.

“Scopriva dei talenti ?”

Ada : “Sì , per l’epoca fu proprio un “talent scout” ; ci fu una famiglia barese che mandò la figlia , molto dotata vocalmente , a prendere lezioni da mio padre che in effetti la fece debuttare , al Piccinni di Bari , in cinque mesi in Rigoletto nel ruolo di Gilda , contrariamente al parere di tutti gli amici e colleghi, ed ebbe ragione perché questa giovane ragazza , all’epoca solo sedicenne , avrebbe fatto poi del canto lirico il suo lavoro , avendo molto successo come soprano leggero e facendo una brillante carriera .”

“ La nonna era gelosa ?”

Ada : “ Non era gelosa ; forse aveva un po’ una considerazione sacra di quest’uomo . Ricordo quando mio padre tornò dal Giappone dove aveva conosciuto una principessa , si era innamorata perdutamente di lui , ed erano stati insieme circa tre anni in Giappone , ma quando il piroscafo del Conte Rosso attraccò al porto di Brindisi lui le disse che si erano tanto amati ma ora c’era sua moglie e i suoi figli che lo aspettavano al molo e doveva andare, insomma la salutò così . In realtà, questa principessa giapponese desiderava che mio padre lasciasse sua moglie , in cambio di un vitalizio ….ma non andò così ! “ .

(continua….)

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Mino e il nipote Dodò (tenore) durante un loro concerto

 

LE OPERE

Mino aveva al suo attivo 70 e più opere , in un libretto dell’epoca addirittura lo affiancano al grande basso russo Chaliapin Féodor : “Come Caruso tra i tenori e Titta Ruffo fra i baritoni, Scialapin divenne una pietra di paragone, e il suo nome volò per i continenti” (Giacomo Lauri-Volpi “Le voci parallele”, Bologna, 1977 (p.175 –176).

Mino e il basso Scialiapin

Immagine d’epoca di Mino Cavallo , seconda foto a destra

Allora con Ada iniziamo a parlare della grande interpretazione di Mino nel Rigoletto , un’opera che interpretava con grande intensità e coinvolgimento vocale .

Ada mi racconta che quando Mino doveva cantare il Rigoletto , di sera , iniziava ad andare in teatro già dal pomeriggio , verso le quattro , perché iniziava l’operazione trucco , un’operazione molto delicata e importante per Mino che durava ore . Basta osservare una foto in cui impersonifica Rigoletto come la seguente :

Mino -Rigoletto

Un disegno di Mino-Rigoletto

Mino cantò sia con la figlia Ada, che cantava col nome Ada Veneziani, che col nipote Dodò , una bella voce di tenore e cantava col nome di Adolfo De Cavalieri . Nel Rigoletto e nella foto d’epoca, che segue, sono immortalati sia Mino che il nipote nell’interpretazione rispettivamente di Rigoletto e del Duca di Mantova :

Mino e Dodò in Rigoletto

Il nipote Adolfo De Cavalieri /alias Dodò-Duca di Mantova (il primo da sinistra) e il baritono Mino Cavallo-Rigoletto ( l’ultimo a destra)

L’opera, “Rigoletto” di G. Verdi , è ambientata a Mantova e nei suoi dintorni, nel secolo XVI, inizia con una festa al palazzo ducale, si svolge nel giro di pochi giorni, e finisce, come ogni dramma lirico che si rispetti, con una morte.

Rigoletto, deforme e pungente buffone di corte, che si burla con cattiveria di tutti e trama, all’occasione, scherzi e vendette crudeli, ha una figlia “segreta”, che è la luce dei suoi occhi, avuta dalla donna amata ormai morta.

Duro e crudele con tutti, con la figlia Gilda, Rigoletto è un padre tenerissimo e premuroso che si preoccupa di tenerla lontana dal mondo corrotto della corte, ma che per uno scherzo del destino é diventata oggetto dell’attenzione del suo giovane padrone, il Duca di Mantova, libertino impenitente.

Le reazioni alle malefatte del buffone, da parte dei cortigiani, daranno il via ad una serie di delitti: Gilda, la figlia di Rigoletto sarà rapita e violata dal Duca; Rigoletto per vendicare l’offesa pagherà Sparafucile, un bandito, perchè uccida il Duca, ma a morire, per mano di Sparafucile sarà l’amata figlia. (http://www.settemuse.it/musica/opera_il_rigoletto.htm)

Ada continua con i suoi preziosi ricordi e racconta che anche per la preparazione del costume di scena Mino era molto attento , addirittura sceglieva personalmente i tessuti e li faceva cucire da sarte molto brave , come sua sorella alla quale affidò la confezione del costume di Rigoletto contraddistinto dai tre colori rosso , verde e giallo , i colori dei vestiti dei giullari di corte dell’epoca . Insomma nulla era lasciato al caso .

Queste storie dicono molto su come un artista lirico iniziasse con cura il suo lavoro, a partire dal camerino , ore di preparazione e di preliminari , come nel caso di Mino il quale non voleva nessuno intorno , prima della recita , perché così richiedeva la sua etica del lavoro .

 

Il nipote Dodò alias il tenore Rodolfo  De Cavalieri

(Da:  MIO NONNO IL BARITONO MINO CAVALLO.

Il romanzo della mia famiglia – di Stefania Cavallo

“Porgo qui un nostalgico e riverente saluto a tutti i Maestri

che pazientemente mi guidarono alla sofferenza e alla virtù

senza le quali tutte le strade rimangono fatalmente precluse!”

Mino Cavallo

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Un articolo di giugno 2008 dalla Gazzetta locale dell’Adda

 

Dodò  si chiama Adolfo  e nasce in Francia a Aix-En-Provence  il 29 maggio 1930;   fin da ragazzo si appassiona alla Lirica e studia al Conservatorio di Marsiglia dove si diploma  nel 1953 e impara quest’arte con un grande maestro  dell’epoca,  il tenore Trantoul  . In quel periodo Dodò  lavora ancora con suo padre carrozziere  e lavora duro di giorno  facendo l’operaio  e di  sera non si risparmia  con le lezioni di canto, solfeggio e arte scenica.  I giornali di Aix parlano di lui  del  ”jeune tenor Rodolpho  De Cavalieri!”.

Il maestro Trantoul , un grande Otello

Monsieur Trantoul , il maestro di canto lirico di Dodò al Conservatorio di Marsiglia

 

In una foto che lo immortalò in una sua mitica interpretazione dell’Otello alla Scala di Milano nel 1921. La dedica al suo allievo Dodò è in francese e tradotta dice così:

 

“Al mio caro alunno Cavallo, lavoratore perseverante e appassionato, in ricordo del maestro che gli ha voluto bene, che lo ha incoraggiato, sostenuto con l’ augurio per un avvenire certo!

 

Marsiglia 29 maggio 1949

 

 

 

Vince il Concorso nazionale dei tenori francesi e a 25 anni decide di venire in Italia per migliorare  la sua tecnica vocale  e per completare la sua preparazione  con la  grande Scuola lirica italiana da sempre  considerata “la migliore  al mondo”  , quella di riferimento nel campo del “bel canto”.

Classe con Dodò al Conservatorio di Marsiglia 001

 Dodò e la sua classe al Conservatorio di Marsiglia col maestro Trantoul

 Decide di andare così da suo zio , il baritono Mino Cavallo , a Napoli  e così incomincia la sua  avventura  in Italia  , imparerà  in pochi mesi l’italiano , che non conosceva assolutamente,  e debutterà  in Rigoletto .

 Conoscerà sua cugina Ada, anche lei già soprano lirico,  che lo  aiuterà  nella preparazione delle opere  e di cui si innamorerà perdutamente sino a sposarla  il 30 marzo  1957 , con sfondo il magico e silente Vesuvio,  e solo dopo aver ottenuto la dispensa papale  che consentiva il matrimonio tra cugini ; così  Ada e Dodò  decideranno di avere figli  solo dopo  aver saputo precisamente e  con prova scientifica che non c’erano tare ereditarie familiari , nell’albero  genealogico,  sino a sette generazioni  prima .

 

Ma  torniamo al canto …..

 

Insomma Dodò  inizia a lavorare con Ada e Mino e faranno insieme  una compagnia teatrale che andrà in giro a cantare opere e a tenere concerti  con i nomi d’arte di  Rodolfo  De Cavalieri e Ada Veneziani .

 

Il tenore De Cavalieri-Dodò con Ada Veneziani- Ada

Dodò e Ada in teatro

 

Il tenore Adolfo De Cavalieri con Tito Schipa e con Gino Bechi

Dodò con Tito Schipa e Gino Bechi ( da sinistra a destra)

 

Dodò è un tenore che ha avuto molto successo, ma ora pochi si ricordano di lui. Il suo repertorio è molto vasto e annovera sino a 36 opere che ancora oggi, all’alba dei suoi splendidi 83 anni ,  ricorda  a memoria, come all’ora . E’ sempre stato appassionato di Verdi e Puccini.

Ha  conosciuto e ha cantato con persone importanti della lirica come Gino Bechi, Tito  Schipa, Carla  Tagliabue  e Luciano Pavarotti.

Insomma  Dodò  esordisce  a Napoli con Rigoletto e terminerà la sua carriera nel 1963 quando  purtroppo  non riuscirà   ad avere scritture  e  l’interesse  per la lirica comincerà a diminuire .

Fu un periodo molto brutto per lui , doveva  pensare alla famiglia , abitava a Milano  e faceva molti sacrifici già da qualche tempo,  così un giorno uscì  di casa di mattina lasciando i suoi guanti bianchi  e il suo cappello di artista  e invece di andare in Galleria , dove si poteva trovare forse qualche  scrittura  nel suo lavoro, ma forse un po’ esausto  e stanco di non trovare nulla , pensò di tornare a fare il suo lavoro di carrozziere , quello che aveva imparato dal padre in Francia  ……e così  tornò  quel giorno a casa e disse ad Ada :  “Ada da domani incomincio a lavorare in carrozzeria!”.

Da quel momento Dodò si buttò alle spalle tutti i sogni  legati alla lirica  e questo resterà un punto di non ritorno nella sua  vita.

Ne scrivo ora  , da figlia, e per la prima volta  così pubblicamente  perché questo ha rappresentato  un peso  negli anni  per la nostra famiglia .

Un peso soprattutto per Dodò che crede sempre di aver sbagliato qualcosa nella sua vita e crede che se avesse avuto più pazienza forse le cose all’epoca sarebbero andate meglio , chissa!  Certo lui in modo conscienzioso  optò per la famiglia  e abbondonò per sempre la musica .

Per molto anni in casa nostra non si parlò più di lirica e di musica e quando succedeva di ascoltare qualche opera in televisione  o romanza  erano momenti di grande commozione  così  come ancora oggi  ….è come se non si fosse mai chiuso in realtà quel legame magico col mondo della lirica , come si suol dire   “buttato fuori dalla porta , rientra dalla finestra!”

Capitò  che , in un certo periodo della mia vita verso i vent’anni,   stimolai  molto i mei genitori ad uscire da questa situazione , molto dolorosa per loro ma anche per me,  e cominciò così ad entrare in casa un pianoforte  e da lì decisi di farmi preparare da mio papà  Dodò  per la prova, in canto lirico, di  ammissione al Conservatorio di Milano e ci riuscimmo .

Ero al limite dell’età  per il Conservatorio  e avevo 26 anni ;  Dodò era entusiasta  e anch’io perché in qualche modo  ci eravamo riconciliati  con  quel mondo  e  forse questo aveva sanato un po’ qualche ferita del passato.

 

Oggi con Dodò si parla più volentieri dei ricordi del passato legato alla sua passione per la musica e l’arte del bel canto  e quando si parla di Mino Cavallo  i suoi occhi si illuminano  e se si trova al pianoforte anche la sua  voce  sembra non conoscere l’azione del tempo che passa, una voce  un pò alla Carreras  come dice lui,   così come quando  a teatro  era un  bravo e gran bell’ interprete di Bohéme , di Traviata , di  Tosca , di Andrea  Chénier  o di  Rigoletto!

Dodò  è stato  sempre molto riconoscente  a Mino Cavallo, suo zio,  e ne è stato molto “innamorato”  sia  in senso artistico  che umano .

Questo è il suo ricordo di Mino Cavallo  “Un grande artista, un grande uomo e un grande maestro che ho avuto la fortuna di  incontrare nella mia vita ! “.

 

La figlia Stefania

 

11 novembre 2013